Dal 12 settembre al 13 novembre 2025, la Sala delle Esposizioni della prestigiosa Accademia delle Arti del Disegno di Firenze ospiterà la mostra “Slavko Kopač. Il tesoro nascosto. Arte informale, surrealismo, art brut”. Curata da Roberta Trapani e Pietro Nocita, questa sarà la prima grande retrospettiva in Italia dedicata all’artista franco-croato Slavko Kopač.
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Slavko Kopač è stata una figura centrale nella fondazione della Compagnie de l’Art Brut e il primo conservatore della Collection de l’Art Brut, incarico che ha rivestito per quasi trent’anni al fianco di Jean Dubuffet. La mostra segna il suo ritorno a Firenze dopo la personale del 1945 presso la Galleria Michelangelo in via Porta Rossa, offrendo un’occasione unica per riscoprire un’opera straordinaria e una figura enigmatica e complessa. Molto amato da André Breton, Jean Dubuffet e Michel Tapié, Kopač ha saputo incarnare lo spirito innovativo e interdisciplinare di un’epoca di rinascita culturale dalle macerie del dopoguerra.
L’evoluzione artistica di Kopač: dalla tradizione all’innovazione
Kopač si formò in un ambiente accademico rigoroso, esordendo con opere segnate da una fedele adesione ai canoni del Naturalismo. Tuttavia, il suo linguaggio artistico si evolse rapidamente, liberandosi dalle regole della tradizione e superando anche le suggestioni impressioniste, per abbracciare una visione espressiva più autonoma e sperimentale. La sua ricerca lo spinse oltre i confini della rappresentazione convenzionale, portandolo a esplorare materiali inusuali e tecniche eterogenee, in un dialogo continuo tra materia e immaginazione, forma e intuizione poetica.
In questo periodo storico, molti artisti rivolsero la loro attenzione alle produzioni delle culture non occidentali e all’arte degli autodidatti, riconoscendole come espressioni autentiche e non mediate dalle convenzioni accademiche, capaci di rivelare una dimensione archetipica e universale del linguaggio artistico. L’arte di Slavko Kopač può essere compresa all’interno di questo contesto culturale e concettuale, interpretata alla luce degli studi di Bataille sull’informe e il sacro, di Freud e Jung sull’inconscio, del concetto di “bricolage” teorizzato da Lévi-Strauss e della riflessione di Huizinga sul gioco come fondamento della cultura umana, sviluppati nel primo trentennio del XX secolo.
Come Jean Dubuffet, André Breton o Max Ernst, Kopač sviluppa un linguaggio visivo che attinge alle radici archetipiche dell’esperienza umana. Il suo lavoro nasce da una tensione creativa che riflette il disordine del dopoguerra e, al contempo, un bisogno profondo di riconnettersi all’essenza ludica, istintiva e collettiva dell’arte, intesa come atto universale e fuori dal tempo.
Questa retrospettiva mette in evidenza la forza creativa e il dialogo tra linguaggi che hanno segnato il secondo dopoguerra, restituendo l’eredità di una stagione artistica che continua a influenzare profondamente l’arte contemporanea.
I periodi chiave: Firenze e Parigi
La mostra si articola attorno a due momenti centrali: il periodo fiorentino, tra il 1943 e il 1948, segnato dalla guerra e dalla ricostruzione, durante il quale Kopač elaborò un linguaggio espressivo originale che lo impose rapidamente sulla scena artistica internazionale; e il periodo parigino, in cui l’artista si affermò come figura chiave al crocevia tra surrealismo, arte informale e art brut — non come autore di quest’ultima, ma come suo strenuo difensore e promotore.
A Parigi nell’estate del 1948 incontrò Jean Dubuffet, che lo riconobbe come interlocutore privilegiato e lo volle tra i suoi più importanti collaboratori nel progetto della Compagnie de l’Art Brut a cui Kopač si dedicò fino all’apertura al pubblico nel 1976 della Collection de l’Art Brut di Losanna. Nello stesso periodo, entrò in contatto con André Breton, il quale apprezzò profondamente il suo immaginario onirico e totemico, accogliendolo nella cerchia surrealista. Il loro incontro si concretizza nel 1949, con l’illustrazione da parte di Kopač del poema Au regard des divinités, pubblicato in edizione limitata con calligrafia di Breton e disegni originali. Nel 1953 espone alla galleria surrealista À l’Étoile Scellée, e nel 1954 realizza con Breton un poema-oggetto a quattro mani, tra le testimonianze più emblematiche del loro dialogo artistico. Pur intrattenendo un intenso rapporto con l’ambiente surrealista, Kopač non aderì mai formalmente al movimento, mantenendo una posizione autonoma.
Nel 1952 Michel Tapié include Kopač nel saggio Un Art Autre, riconoscendolo tra i protagonisti di una nuova sensibilità informale, condivisa da artisti come Fautrier, Wols, Michaux, Burri, de Kooning, Soulages e lo stesso Dubuffet. Un’arte che, nel contesto del secondo dopoguerra, avvertiva l’urgenza di ripartire da zero, risalendo alle origini più profonde e istintive del gesto creativo.
Attraverso una selezione di oli, disegni, acquerelli, libri d’artista, poemi visivi, collage, assemblage e ceramiche — opere che vanno dal secondo dopoguerra agli anni Sessanta — la mostra svela l’universo poetico di Slavko Kopač.
Artista radicalmente autonomo, Kopač esplora con libertà disegno, pittura e scultura, sperimentando materiali e soluzioni formali eterogenee. Il suo linguaggio, in continua trasformazione, nasce da impulsi istintivi e tensioni poetiche, dando vita a forme ibride e metamorfiche che evocano un immaginario arcaico e universale. Un percorso alla ricerca dell’arte come gesto originario, libero da mediazioni.
Oltre Kopač: influenze e connessioni
Oltre alle opere dell’artista franco-croato, l’esposizione presenta materiali d’archivio e lavori di figure che hanno profondamente influenzato la sua evoluzione artistica, intrecciando con lui percorsi creativi e relazioni personali. Tra queste, spiccano Jean Dubuffet, Jean Paulhan, Cesare Zavattini, Michel Tapié e André Breton, che conservò diverse opere di Kopač nella propria collezione, e Giordano Falzoni (1925-1998), artista poliedrico e critico. Falzoni, appena ventenne, fu il primo a promuovere in Italia il dibattito sull’opera di Dubuffet con articoli su Il Mondo Europeo (1947) e Les Cahiers de la Pléiade (1948), e fu il corrispondente italiano della Compagnie de l’Art Brut. Introdusse nel panorama culturale italiano i concetti di Art Brut e arte Informale, e contribuì, nel contesto francese, a valorizzare la nozione di homo ludens come chiave di lettura dell’arte, strumenti indispensabili per comprendere non solo l’opera di Slavko Kopač, ma anche le trasformazioni radicali che segnarono l’arte del secondo dopoguerra.
Il libro
In occasione della mostra “SLAVKO KOPAČ. Il tesoro nascosto. Arte informale, surrealismo, art brut”, sarà pubblicato l’omonimo volume monografico, che restituisce un ritratto completo e approfondito dell’artista. Curato da Roberta Trapani, il volume si arricchisce di una prefazione di Bernard Blistène, direttore onorario del Centre Pompidou e promotore dell’acquisizione di dodici opere di Kopač per la collezione del museo parigino. Al suo interno, sono raccolti contributi di un prestigioso gruppo di studiosi: Michele Amedei, Katherine Conley, Déborah Lehot-Couette, Fabrice Flahutez, Pauline Goutain, Luca Macchi, Kent Mitchell Minturn, Pietro Nocita, Susanna Ragionieri, Roberta Serpolli e Roberta Trapani. Il volume, edito da 5 Continents Editions in italiano, inglese e francese, sarà disponibile a partire da settembre, in concomitanza con l’apertura della mostra.